“Gia’ che ce so’ me levo st’artro peso co’ te,
Che fai er capoccia e stai più su
Te sei allargato troppo.
Senti…’a coso… mica t’offenni se te dò der tu?”
(Da “E va, e va…”, canzone composta da Claudio Mattone per Alberto Sordi in occasione della sua partecipazione come ospite fuori concorso al Festival di Sanremo del 1981).

Con questa seconda “lettera aperta” (la prima l’ho postata direttamente su FB ieri ed è riportata qui di seguito) a Sua Eccellenza il signor Ministro degli Affari Esteri onorevole Luigi Di Maio, chiudo il discorso e rispondo anche a quei commentatori che mi hanno, qualcuno con tono gentile, altri meno, criticato per esser capace solo di dare addosso per principio preso senza proporre nessuna soluzione.
Era loro pieno diritto farlo come lo è per me rispondere. Una buona occasione per prender due piccioni con una fava, o due fave con un sol piccione, fate voi.
Non dovrebbe essere un mistero per Lei, signor Ministro Di Maio, il fatto che in Tunisia sono presenti e attive circa novecento imprese messe in piedi da imprenditori italiani in molteplici settori, dall’agroalimentare al manifatturiero. Imprese che impiegano mediamente da un minimo di 25 dipendenti locali sino a cinquecento e oltre. Si tratta di diverse migliaia di posti di lavoro che, in gran parte, fanno capo a imprese terziste (non delocalizzazioni) che contribuiscono a mantenere in piedi le aziende italiane committenti. Grazie a queste imprese, infatti, le aziende committenti italiane riescono a compensare le perdite derivanti dal mix micidiale di una pressione fiscale esorbitante che, combinata con gli alti costi di esercizio, costringerebbero i titolari ad abbassare per sempre la saracinesca dei loro stabilimenti come, purtroppo, hanno dovuto fare molti dei loro colleghi.
Orbene, Eccellenza, quegli undici milioni di euro buttati letteralmente via per rafforzare una repressione più dannosa che inutile, Lei, avrebbe potuto usarli per dar vita ad un fondo di investimento destinato, per il tramite della Cooperazione Internazionale a quanti, fra i molti italiani titolari di aziende presenti in Tunisia, si sono distinti per aver dato vita a migliaia di posti di lavoro dignitosi.
Le dico subito, Eccellenza, a scanso di qualsivoglia equivoco, che io mi tiro fuori da questo sottoinsieme. Per due motivi. Il primo perché a settant’anni suonati comincio ad essere stanco e credo di aver tutto il diritto di tirare i remi in barca. Il secondo perché ci sono italiani più giovani di me, persone oneste e intelligenti che magari hanno l’unico torto di non riuscire, come si dice, “a far sistema” e ad organizzarsi in modo da poter negoziare con le autorità locali, banche, compagnie di assicurazione, società di trasporti, condizioni più decenti per l’accesso ai servizi (bancari, assicurativi, trasporti aerei e marittimi etc.)
Per non restare nel vago, Eccellenza, farò nomi e cognomi di quanti ho avuto il piacere di conoscere personalmente, come Sandro Fratini, Erasmo Cocomello e Francesco Lo Iudice: persone serie ed oneste che non solo hanno dato vita ad imprese di successo, ma che si sono distinte anche per l’impegno nel sociale assumendo ruoli ed incarichi di responsabilità in associazioni importanti quali ad esempio le camere di commercio tuniso-italiana i primi due e russo-maghrebina il terzo. Potrei continuare a lungo ma mi trattengo dal farlo unicamente per il rispetto dovuto a coloro con i quali ho meno familiarità e che, al contrario degli amici che ho nominato, non si sono esposti pubblicamente con un proprio impegno diretto in associazioni che, per la loro stessa natura, hanno conferito e conferiscono loro una visibilità alla quale l’averli menzionati non aggiunge (e men che meno toglie) assolutamente nulla.
Aggiungo che il numero di quanti avrebbero potuto fornirle suggerimenti e idee per allocare in modo trasparente e fruttuoso quei soldi pubblici per creare nuovi posti di lavoro, riducendo di qualche migliaio il numero di giovani migranti, non è piccolo e le persone alle quali mi riferisco hanno tutte dato prova di intelligenza, competenza ed onestà.
E le garantisco che sarebbero in grado di trasformare quel danaro in posti di lavoro, Eccellenza, anziché in promesse di maggior repressione in un paese nel quale proprio la repressione ha causato per oltre un secolo, fra colonialismo francese e dittature, il formarsi di un clima oppressivo reso odioso da uno stato di polizia che negli ultimi trent’anni ha abbondantemente oltrepassato i limiti dell’umana pazienza, spingendo verso il mare migliaia di giovani senza un presente e senza un avvenire alla ricerca di una cosa che la fuga dalla loro terra non potrà mai dar loro: libertà, lavoro e dignità.
Pensi, Eccellenza, quale impatto avrebbe avuto, per esempio, non solo dal punto di vista della comunicazione ma anche sotto quello della persuasione un incontro con i giovani disoccupati che meditano di migrare su un barchino o su un barcone alla volta di Lampedusa presentandosi con un fondo di undici milioni di euro, che in Tunisia sono una bella somma, messo a disposizione per la creazione di posti di lavoro. Si sarebbe trattato di un evento memorabile durante il quale un loro coetaneo ed ex collega, una volta divenuto ministro della repubblica di un paese vicino ed amico, avrebbe dimostrato solidarietà e amicizia mediante la concretezza di un gesto che, molto verosimilmente, avrebbe sortito un effetto infinitamente maggiore di quello prodotto dal suo supporto alla repressione che, altrettanto verosimilmente, non servirà ad altro che aumentare il malumore, il senso d’impotenza e il desiderio di ribellione che sono all’origine degli imbarchi.
E pensi anche all’impatto che un gesto simile avrebbe prodotto su quei suoi concittadini i quali, coinvolti in un progetto del genere, si sarebbero sentiti presi finalmente in seria considerazione dalle istituzioni dello stato.
Pensi, infine, sull’effetto che questa scelta avrebbe prodotto sui suoi colleghi francesi, tedeschi, spagnoli e belgi che, in misura maggiore come i francesi e minore come gli altri, contano numerose ed importanti presenze imprenditoriali in Tunisia.
Veda, Eccellenza, le idee e la buona volontà esistono, ma se Lei anziché consultare i suoi concittadini presenti da anni in Tunisia, e in particolare quelli che la sostengono con l’adesione al movimento delle cinque stelle, fa più volentieri affidamento al canto delle numerose sirene, peraltro strapagate, che le ronzano intorno a vario titolo, poi va a finire che butta via, come di fatto ha buttato via con la sua purtroppo indimenticabile visita a Tunisi, tempo, quattrini e, soprattutto, quel po’ di credibilità, di prestigio e di dignità di cui miracolosamente gode ancora il nostro paese.
E questa è l’unica ed ultima consulenza che le offro, diciamo, a titolo di campionario gratuito. Se ne vuole ricevere altre, direttamente o indirettamente, l’avverto che dovrà pagarmi –in anticipo- almeno tre volte tanto quanto paga i suoi consulenti più prezzolati. Le presenterò, s’intende, regolare fattura. Se invece, come immagino, non le interessa, sappia che in tal caso non ci sarà cosa più gratificante per me del ricambiarla cordialmente. In tutt’e due i casi resteremo entrambi felici e contenti. Che si può voler di più dalla vita?
Mi stia bene, dunque, Eccellenza.
La saluto di nuovo, e sempre con la stima che Ella merita.
A Sua Eccellenza il Ministro degli affari esteri della Repubblica Italiana, Signor Luigi Di Maio.
Egregio signor Di Maio Ministro degli affari esteri della repubblica italiana, mi rivolgo a Lei usando il titolo di Eccellenza in segno rispetto alla carica che Ella ricopre. Sono un uomo nato e cresciuto nella seconda metà del secolo scorso. L’educazione e la formazione che ho ricevuto alla fine degli anni cinquanta e lungo tutto l’arco del decennio successivo l’ho presa sul serio e, considerandola fondamento di un patto sociale (quel patto che gli antichi romani chiamavano “sacramentum”) che avrebbe dovuto garantire stabilità e coerenza comportamentale fra il cittadino e le istituzioni dell’allora ancor giovane Repubblica Italiana fondata sul lavoro, fissando diritti e doveri reciproci dell’uno e delle altre, non me la sono sentita, sul finire degli anni settanta, quando Ella non era ancora venuta al mondo, di abiurare adattandomi alle novità introdotte -in modo per me del tutto arbitrario e inconcepibile- da quella banda di cialtroni che si misero d’accordo per stravolgere la società italiana e le istituzioni dando vita ad un sistema culturale ed istituzionale del quale oggi godiamo appieno le fatiscenti rovine. Dovendo quindi scegliere un titolo che esprima in modo chiaro il mio sentire, egregio signor Ministro, ho preferito adottare, per motivi miei che non sto a spiegarLe ma che qualche suo collaboratore scelto fra i diplomatici più anziani del dicastero di cui Ella è temporaneamente titolare potrà palesarLe senza alcuna difficoltà, quello che s’addice alla carica e non alla persona. Orbene Eccellenza, dopo avere ascoltato le Sue dichiarazioni rilasciate alla fine della Sua visita e diffuse attraverso un video, apprendo dalle Sue stesse parole che Ella s’è recata a Tunisi per concordare tempi e modalità dei rimpatrii delle persone che sono approdate su piccole o grosse imbarcazioni sulle coste italiane, principalmente quelle dell’Isola di Lampedusa, in modo del tutto illegale.
Queste persone hanno più o meno la Sua età, Eccellenza, e stanno vivendo lo stesso disagio che, quando Ella non aveva ancora compiuto i trent’anni, La motivò e La spinse a migrare in un movimento politico il cui motto ricapitolativo era -perdoni il termine irriverente e volgarissimo che tuttavia, trattandosi dello stesso al quale Ella diede dignità di vessillo unendosi al coro dei suoi compagni, userò comunque- “vaffanculo”. A questi giovani, Eccellenza, non è toccata la stessa sorte che a Lei. E’ stato loro impedito in modo spesso brutale e violento, di migrare in un Movimento che avrebbe garantito a qualcuno di loro di sedersi in un ramo del parlamento, di esserne eletto vicepresidente e di arrampicarsi sino ad occupare la poltrona di vicepresidente del consiglio dei ministri e ministro del lavoro prima e ministro degli affari esteri poi.
Le confesso, Eccellenza, che mi fa una certa impressione sentirLa parlare, nel riferirsi a questi suoi coetanei solo in termini di rimpatrio. Sono suoi coetanei per i quali, al contrario di ciò che la sorte ha destinato a Lei, l’unica migrazione possibile è quella d’una barca che li trascina, ad eccezione di quanti crepano affogati nel mare, sulle coste di Lampedusa.
E parlo da persona profondamente convinta della necessità d’impedire a questi suoi coetanei di migrare in questo modo.
La differenza è che mentre io, ringraziando i miei educatori e formatori del secolo scorso, sono cosciente e consapevole del fatto che gli errori si risolvono efficacemente solo intervenendo con la paziente e costante determinazione di chi sceglie di agire sulle cause che li determinano, Ella appare più propenso ad intervenire sugli effetti, come fanno quei medici di oggi ai quali appare più conveniente intervenire sbrigativamente sulle grinze e sulle imperfezioni visibili usando bisturi, pinze, botulino e silicone, senza stare a perder tempo per intervenire in modo serio sulle cause di quelle grinze e di quelle imperfezioni visibili.
Per questo, Eccellenza, nutro ragionevoli e fondati motivi per pensare che sarebbe molto meglio che Ella tornasse spontaneamente quanto prima a fare lo stesso mestiere che faceva prima di migrare sul barcone del Movimento quondam “vaffanculo” senz’aspettare che ce la mandino quanti, dopo averla democraticamente votato, se ne sono oggi amaramente pentiti.
Mi congedo salutandola con tutta la stima che Ella merita.